Nel 2014 sono stati 90mila gli italiani trasferiti all’estero in cerca di lavoro
Val bene un sussidio di disoccupazione, quant’è bella Londra per i bonus sugli affitti; Oslo e Stoccolma ti conquistano perché lassù fare figli non significa dire addio al posto di lavoro, mentre a Copenaghen piove la manna del reddito minimo garantito. Cartoline inviate dalle capitali europee del welfare generoso, con tanti saluti all’Italia dove la coperta è sempre più corta e ogni intervento di stato sociale è elargito col contagocce, o al prezzo di tagli e sacrifici. Se mai come oggi gli italiani fanno le valigie in cerca di condizioni di vita migliori — scrive il Giornale — ecco una nuova chiave per comprendere il fenomeno. Nel nostro Paese, dove la metà dei neolaureati deve aspettare più di tre anni per trovare lavoro, la scelta di trasferirsi all’estero spariglia le valutazioni costi-benefici. Ma l’Europa avverte: cari «turisti del welfare», non provate a fare i furbi. Ci ha pensato la Corte europea di giustizia a piantare qualche paletto in tempi di economie in bilico e di profughi in cammino, mentre gli Stati ricchi si attrezzano per (ri)chiudere le frontiere. Eppure «migranti economici» gli italiani lo sono sempre stati: magari hanno smesso di sognare il posto fisso e ora inseguono altre «certezze». Come politiche di sostegno al reddito e alla maternità, servizi pubblici efficienti, assicurazioni sanitarie, pensioni adeguate, persino diritti da noi non ancora riconosciuti. Insomma, andiamo a prenderci altrove quello che mamma-Italia non può (…)(…) o non riesce ad assicurare. La Camera di commercio di Monza e Brianza — continua il Giornale — ha messo sotto la lente di ingrandimento i novantamila italiani che hanno trasferito all’estero la propria residenza nel corso del 2014, aumentati del 30,7% rispetto ai due anni precedenti. La metà sono foreign professionist, laureati o diplomati specializzati con meno di 40 anni. In pratica, più di tre giovani ogni mille tra i 18 e i 39 anni hanno deciso di mollare tutto ed espatriare. Non lasciano soltanto le città difficili del sud, ma anche le province più ricche. Segno che la mancanza di lavoro non è l’unica molla per chi emigra. L’ultima fotografia scattata dall’Istat conferma questa tendenza. Il numero dei connazionali che hanno scelto di andare a vivere all’estero (89mila nel 2014 secondo l’Istituto nazionale di statistica) è aumentato dell’8,3% rispetto all’anno precedente, ma è più che raddoppiato rispetto a 5 anni prima. Vanno a cercar fortuna in Germania (14mila nuovi emigrati in un anno), Regno Unito (13mila), Svizzera (10mila) e Francia (8mila). La prima meta extra Ue sono gli Stati Uniti (5mila), seguiti dal Brasile (3.500) e dalla sempre più «gettonata» Australia (1.800).